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lunedì 17 novembre 2025

RACCOLTE & PAESAGGI — il Blog di Marco Celati

Marco Celati

MARCO CELATI vive e lavora in Valdera. Ama scrivere e dipingere e si definisce così: “Non sono un poeta, ma solo uno che scrive poesie. Non sono nemmeno uno scrittore, ma solo uno che scrive”.

Spleen

di Marco Celati - lunedì 17 novembre 2025 ore 08:00

Il professor Ulisse Scordo, supplente vitalizio, ancorché abilitato, di lettere, greco, storia e varia umanità presso il Liceo Classico “Eugenio Montale”, né giovane né vecchio, attende, guarda la sua vicissitudine sospesa. Non so più quel che volli o mi fu imposto, soleva ripetere. E non c’era nessuna cosa che entrasse nei suoi pensieri e ne uscisse illesa, pensava parafrasando Luzi. E Montale se ne sarebbe avuto a male.

Scordo, anche se non sembra, è un cognome derivante dal greco “skórdon” o “skórdo”, aglio, forse antico soprannome di un lontano avo, coltivatore o venditore di aglio. E Ulisse si sa chi era e chi ne scrisse. Con l’etimo di quel nome e cognome, se nomina sunt consequentia rerum, non poteva divenire che un professore di greco. E così dalla sua Calabria grecanica era sbarcato a Pisa a prendersi laurea e abilitazioni.

Scordo -nomen, omen- più che l’etimo di aglio, era perché tendeva a scordarsi tutto. Un giorno persino la fidanzata, dalla quale fu puntualmente ricambiato. L’amore e la felicità fanno di queste cose. Però da una fiatella agliata, frutto di inadeguate digestioni, era pure afflitto e, a tutela delle prime file della classe, cercava di limitarla ciucciando di continuo ghiacciomenta. Di Ulisse poi non possedeva certo la leggendaria e proditoria astuzia, né l’ardire. E dalle Colonne d’Ercole col cazzo che sarebbe passato. Meglio tornare subito a Itaca e starsene lì, buono buono, con la moglie Penelope, santa donna nonostante i Proci, il figlio Telemaco e il cane Argo, che magari -per la consecutio temporum- se lui fosse tornato prima, non sarebbe morto, e facevano -avrebbero fatto- un bel trio. Sarebbe stato il massimo per il nostro professore. Invece GPS, acronimo di Graduatorie Provinciali per le Supplenze, e GPS, inteso come Global Positioning System per la navigazione satellitare, erano diventati coincidenti. Ulisse Scordo vagava per l’Italia precario e instabile, solitario e solipsista, ex calabro e toscano d’adozione, ex fidanzato in casa, ex secchione a scuola, eterno supplente a vita senza ritorno, la supplenza e la vita, come sospinto da venti ostili.

Del resto è la forza impetuosa del vento che spinge le nuvole, smuove i mari e se ne porta cose e persone. Vento in greco è “ánemos”, prova ne sia che l’anemometro è uno strumento per misurarlo. E da “ánemos” -vento o soffio in greco- ad “anima” -in latino e italiano- il passo è breve. L’anima è il soffio dei viventi, il vento che trascina e scuote la vita, quasi quanto l’eros di Saffo. L’essenza immateriale, lo spirito e il respiro. E ciò valeva anche per insegnanti e personale scolastico, precari e supplenti compresi in attesa di concorso.

Buongiorno, seduti. Ho detto seduti. Bene, come da programma, avremmo dovuto parlare di “pòlemos”, guerra, conflitto, ostilità, da cui “polemica” che, per fortuna, è meno di guerra. O forse un modo diverso di farla. Spiegare Eraclito, Erodoto, Tucidide e la Guerra del Peloponneso, l’Impero persiano, l’imperialismo ateniese, la militaresca Sparta. Però di guerra e imperialismi ne ho fin sopra i capelli, pur essendo cosa difficile per un calvo. Ho visto le solite immagini alla televisione, l’avete viste anche voi? E mi è venuto un magone della malora. Rimandiamo. Dunque oggi vi parlerò di “spleen”.

Spleen, termine usato dal poeta Baudelaire, derivante dal francese antico “esplen”, è presente nel vocabolario inglese e viene dal greco “splḕn” e successivamente dal latino “splēn, splēnis” e vuol dire “milza". Questo perché, secondo le antiche teorie mediche di Ippocrate -quello del giuramento- la milza produceva la "bile nera", considerata la causa di uno stato di tristezza, malessere e ipocondria. Come se la tristezza fosse necessariamente una malattia o supposta tale e non uno stato d’animo, talora persino nobile. Perciò spleen, in un’epoca che tende a superare e riconoscere le distinzioni di genere sta, in senso traslato, sia per malumore maschile, che per malinconia femminile. Del resto spleen sarebbe maschile, ma viene spesso riferito alla poesia o allo stato d’animo femminile. Comunque, al maschile o al femminile non cambia: è sempre spleen che riguarda tutte e tutti -come si dice oggi- e viene da milza. E la milza, in realtà, attende al corretto funzionamento del sistema immunitario, come di quello sanguigno e duole quando corri.

Il professor Scordo spiegava e spiegava e non colse il perché del brusio e delle risa provenienti dall’ultimo banco delle studentesse della classe mista. Ce ne sbattiamo il topocazzo, professo’, aveva bisbigliato una, in barba allo spleen, ma non del tutto al genere. “Topocazzo”, lo dicono le ragazze sveglie. Un po’ sboccate, ma sveglie. Più dei maschi, di sicuro. Ma lui non lo seppe mai, né volle approfondire i motivi di quelle invidiabili, giovanili risate. Si limitò a richiamare all’ordine la classe terza del Liceo Classico “Eugenio Montale”. Considerate che quest’anno avete la maturità, sentenziò. E considerate la vostra scemenza, pensò stavolta parafrasando Dante. Ma non lo pensava davvero, non lo disse e suonò la campanella del cambio dell’ora. Quanto allo spleen se ne incaricò la vita.

Marco Celati

Pontedera, Ottobre 2025

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Parafrasi:

Mario Luzi, “Notizie a Giuseppina dopo tanti anni”, da “Primizie del deserto”.

Dante Alighieri, Canto XXVI dell'Inferno, Ulisse, “La Divina Commedia”.

Marco Celati

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