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martedì 08 ottobre 2024

INCONTRI D'ARTE — il Blog di Riccardo Ferrucci

Riccardo Ferrucci

Riccardo Ferrucci è nato Pontedera e vive a Calcinaia. Giornalista e critico ha pubblicato numerosi volumi sul cinema e sull’arte. Tra le sue pubblicazioni “Paolo e Vittorio Taviani , la poesia del Paesaggio”, editore Gremese. Ha diretto la rivista letteraria Ghibli ed ha collaborato con importanti istituzioni pubbliche. Attualmente è funzionario della Regione Toscana.

​L’arte di Massimo Cantini Parrini nel film Pinocchio

di Riccardo Ferrucci - venerdì 03 gennaio 2020 ore 07:30

Massimo Cantini Parrini

Al Museo del Tessuto di Prato è in corso la mostra dedicata al pluripremiato costumista cinematografico Massimo Cantini Parrini. L’esposizione presenta in anteprima assoluta il suo ultimo straordinario lavoro: oltre 30 costumi realizzati per il film "Pinocchio" di Matteo Garrone, interpretato da un cast di assoluta eccezione, con Roberto Benigni nei panni di Geppetto, Gigi Proietti di Mangiafuoco, Rocco Papaleo e Massimo Ceccherini in quelli del Gatto e la Volpe. Dei costumi in mostra, 25 sono stati realizzati dalla Sartoria Tirelli, 5 dalla Sartoria Costumi d’Arte Peruzzi. La mostra può essere visitata fino al mese di marzo.

Massimo Cantini Parrini è nato e si è formato a Firenze: dall’Istituto Statale d'Arte di Porta Romana, al Polimoda, fino alla Laurea in Cultura e Stilismo della moda presso l’Università di Firenze. Nel corso degli studi accademici vince il concorso al Centro Sperimentale di Cinematografia a Roma, diventando allievo nel corso di costume del premio Oscar Piero Tosi. La stima accordatagli da Tosi lo porta già giovanissimo ad essere oggetto d’interesse per vari ambienti lavorativi, così è entrato nella sartoria Tirelli come assistente costumista, ed è con questa qualifica che ha esordito nel cinema accanto alla costumista, anche lei premio Oscar Gabriella Pescucci, che lo chiama a collaborare per oltre dieci anni per grandi produzioni cinematografiche internazionali, teatro lirico e varie manifestazioni. Massimo Cantini Parrini affianca alla sua professione di costumista una straordinaria passione per gli abiti d’epoca, che colleziona fin dall’età di tredici anni. Ad oggi la sua raccolta vanta più di 4.000 pezzi, che spaziano dal 1630 al 1990, tutti originali e di creatori e stilisti iconici, dai quali spesso trae spunto ed ispirazione per realizzare i suoi costumi. Massimo Cantini Parrini è l’unico costumista italiano ad aver vinto dalla prima nomination tre David di Donatello consecutivi (2016-2018), oltre ad altri numerosi premi e riconoscimenti, tra i quali spiccano Nastri d’Argento, Ciak d’oro e premiazioni in importanti festival cinematografici. L’ultimo e più importante riconoscimento è l’EFA (European Film Award). In curriculum ha più di 50 produzioni da costumista, molte delle quali per registi di fama internazionale. Tra le sue esperienze professionali, emerge significativamente il sodalizio stabilito con Matteo Garrone, che prima di Pinocchio, lo ha chiamato per realizzare i costumi dei film Il racconto dei Racconti (2015), Dogman (2018).

La mostra dedicata ai costumi di “Pinocchio” dimostra la grande qualità artigianale del costumista toscano che realizza dei vestiti di assoluta bellezza e che rendono sul piano formale un film di straordinaria bellezza. Un’intera parete è inoltre dedicata ai bozzetti realizzati da Massimo Cantini Parrini per il film Pinocchio, composti con un interessante mix di tecniche manuali, documentazione fotografica e ritocco digitale. Poi c’è la sezione che rappresenta un vero tributo al film considerato l’evento cinematografico dell’anno, portando in esposizione i 32 costumi realizzati da Massimo Cantini Parrini per vestire i principali personaggi del film.

Una grande pedana ospita Mangiafuoco e 8 burattini del suo teatro. Il burattinaio è avvolto in un cupo cappotto di fustagno di cotone; indossa maglione di lana, pantalone di fustagno di cotone e cappello di feltro. Di fronte a sé, allineati come un immaginario teatrino, i personaggi della Commedia dell’Arte, straordinariamente interpretati da Massimo Cantini Parrini con attenzione alla tradizione e incredibile cura dei particolari. Spiccano i costumi di Colombina, vestita con un busto steccato a mo’ di corpetto in velluto e gonna di cotone stampato, decorato da nastri increspati con applicazioni di tulle e nappine, quello di Gianduia con giacca di pilor con manopole e alamari in passamaneria, pantalone al ginocchio in raso di seta, gilet di pilor bordato con passamaneria, feluca in paglia e passamaneria. Assolutamente straordinario anche il costume del Diavolo nella sua vivida rappresentazione del fuoco stesso. Il Gatto e la Volpe potrebbero essere citati come emblemi del gusto contemporaneo per il Vintage. Il primo abbigliato con un tight di lana e gilet di velluto a motivi cachemire, il secondo con cappotto di lana sciallato in astrakan e gilet di seta a piccoli pois, indossano capi vecchi, memori di un fastoso passato. Sono abbigliati da gentiluomini mescolando epoche e stili come due vecchi dandy.

Pinocchio, venuto al mondo da poco, non distingue le fogge create con abiti usati, vecchi, logori, sporchi e fuori taglia che anzi, ai suoi occhi, hanno un effetto elegante. L’abito di Pinocchio campeggia al centro della sala mostre temporanee del Museo, realizzato in tessuto jacquard con effetto increspato. Dalla vecchia e unica coperta che Geppetto possiede - anch’essa ricavata da una stoffa antica e pregiata ormai distrutta - il falegname cuce farsetto, pantaloni, cappello e gorgiera per il suo bambino, tutti dalla stessa stoffa. La scelta è stata motivata da esigenze di copione, dal momento che sarebbe stato impossibile gestire sul set continui cambi di abiti di carta o utilizzarli nelle scene girate sotto la pioggia, nel fango o al mare. La decisione, approvata dalla regia, ha permesso di trasformare Pinocchio nell’unica nota di colore del film. Il rosso, colore amato dal costumista, rappresenta la rabbia, l’amore, il sangue, il fuoco, la vita, il colore della vergogna: tutti elementi che fanno parte delle avventure della fiaba e dello stesso protagonista.

Il costume della Lumaca riflette il suo carattere flemmatico: rappresentata così come Collodi l'aveva immaginata, la Lumaca indossa le vesti di una sorta di bambinaia o di una cameriera che da sempre si prende cura della Fatina. Indossa, infatti, una veste da camera con coprispalle e cuffia, il tipico abbigliamento da mattina adottato da tutte le signore dell’Ottocento. Le vesti sono bagnate dalla sua bava, consunte dal tempo, dalla polvere e dall'usura, tutto a causa della sua atavica lentezza e stanchezza. I colori sono diafani, ma quello prevalente è il mauve, colore di moda sul finire del XIX secolo, scelto per il richiamo alla calma e alla serenità.

Il cinema è forse l’industria creativa più vicina alle persone e permette di veicolare contenuti culturali attraverso modalità e linguaggi che sollecitano la curiosità anche dei non addetti ai lavori. In questo senso gli straordinari costumi realizzati dal Massimo Cantini Parrini rappresentano un potente attrattore per promuovere la cultura e la conoscenza del tessuto, del costume e della moda antiche e contemporanee. L’idea di esporre i costumi del film Pinocchio in simultanea all’uscita della pellicola nelle sale cinematografiche rappresenta una assoluta innovazione in campo museale ed è stata possibile dalla generosa collaborazione del costumista, del regista, della produzione e della distribuzione del film. Al film ha collaborato anche un altro grande toscano il giovane musicista pisano Dario Marianelli, già premio Oscar per altri film.

Riccardo Ferrucci

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