Il contemporaneo
di Gianni Micheli - martedì 05 novembre 2024 ore 08:00
Il contemporaneo ti attende lì dove non ti aspetti. E ti colpisce, ti ferisce o ti lascia salvo, ma sconcertato, senza darti il tempo di una risposta.
Il contemporaneo ti piove in testa, ti cade addosso, a volte, perfino, ti seppellisce.
Spesso fa male e lascia segni: sui muri, in cielo e in terra, perfino in aria.
Il contemporaneo precipita. Fruttifica.
Gessifica in pose assurde. E poi risuona.
Il contemporaneo è un’idea appesa, distesa, impilata.
È una porta, distorta.
Il sogno curioso di una mente complessa.
L’incubo che non si è nascosto.
Il tormento che è solo nostro.
Ho un rapporto eclettico con il contemporaneo e l’arte che lo racconta. È quel tempo sospeso che mi trattiene mentre mi fa cadere.
Che mi sorprende e poi chiede la resa.
È quel respiro che abbiamo rubato alla logica, quella sorpresa che abbiamo regalato a ciò che ci sembrava vero.
Ho un’affinità elettiva con quel luogo che lo racconta. Con ogni mente che ci s’incaglia.
Perché è fatto di sabbia: e lì dove s’asciuga il vento la sparge sugli occhi; e lì dove si bagna ci si sprofonda.
Ed è presenza, sempre.
Ed è presente.
Ed è silente.
Pensavo questo chiudendomi la porta alle spalle della mostra “Among the Invisible Joins – Works from the Enea Righi Collection” presso Museion di Bolzano. Avevo voglia di condividerlo insieme alle foto che mi terranno lì, insieme a chi legge, per un altro po’.
Gianni Micheli