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Attualità martedì 30 marzo 2021 ore 16:05

Turandot canta al Museo del Tessuto

Un allestimento di Turandot con Andrea Bocelli
Un allestimento di Turandot con Andrea Bocelli

E' un'investigazione nell'Oriente di Giacomo Puccini per la sua ultima opera lirica la mostra allestita a Prato tra costumi, bozzetti e cimeli



PRATO — Un omaggio alla storia del teatro lirico e dell'arte del primo ventennio del Novecento: è Turandot e l'Oriente fantastico di Puccini, Chini e Caramba, la mostra in programma dal 22 maggio al 21 novembre al Museo del Tessuto di Prato, frutto di un lavoro di ricerca compiuto dopo lo straordinario ritrovamento di un nucleo di costumi e gioielli di scena risalenti alla prima assoluta della Turandot di Giacomo Puccini, provenienti dal guardaroba privato della grande soprano pratese Iva Pacetti. 

Non è banale investigare nell'Oriente rarefatto disegnato dalle linee melodiche e dall'impalcatura armonica nate dal genio pucciniano. Lo spartito indulge solo in parte agli orientalismi, per restituire invece nel contesto fiabesco della Turandot sonorità pentafoniche molto diverse da quelle presenti nell'esperienza compositiva di Madama Butterfly. Nell'Oriente turandottiano sono palpabili le suggestioni francesi con musicalità più liquide, d'ascendenza presumibilmente debussyana, con linee vocali che si innalzano come pinnacoli rendendo il suono sovracuto come trasparente.

Era l'alba del 2018 quando al Museo fu offerto di acquisire un baule appartenuto alla cantante e risultato poi custodire, secondo gli studi eseguiti, due costumi e due gioielli di scena disegnati e realizzati dal costumista del Teatro alla Scala di Milano Luigi Sapelli, in arte Caramba, per il debutto assoluto della Turandot. In quell'occasione, era il 25 aprile 1926, l'opera incompiuta del maestro Puccini ebbe la sua prima assoluta con la direzione di Arturo Toscanini e le scenografie di Galileo Chini. I costumi in questione vennero indossati da Rosa Raisa, primo soprano della storia a interpretare il ruolo della Principessa di Gelo. 

Partendo da questa scoperta l'obiettivo dell'esposizione è stato poi quello di ricostruire le vicende che hanno portato Giacomo Puccini a scegliere Galileo Chini per la realizzazione dell'allestimento e delle scenografie. La mostra è stata organizzata insieme all'ateneo fiorentino, nel cui Museo di Antropologia e etnologia è conservata una collezione di oltre 600 cimeli orientali riportati da Chini al rientro dal suo viaggio in Siam nel 1913 e da lui donati al museo nel 1950. 

La mostra si avvale poi della collaborazione dell'Archivio storico Ricordi di Milano e della Fondazione Giacomo Puccini di Lucca. Tra gli enti che hanno concesso opere in prestito il Museo teatrale alla Scala e l'Archivio storico documentale Teatro alla Scala, la Galleria d'Arte moderna di Palazzo Pitti, la sartoria Devalle di Torino, l'Archivio Corbella, la Società Belle arti di Viareggio e privati. In mostra esposti insieme ai costumi e ai gioielli di scena ritrovati a Prato e restaurati, insieme ad altri dello stesso debutto, 120 opere della collezione dei cimeli del Museo di Antropologia di Firenze tra tessuti, costumi e maschere teatrali, porcellane, strumenti musicali, sculture, armi e manufatti d'uso di produzione thailandese e cinese, una sezione dedicata alle scenografie per la Turandot con anche cinque bozzetti finali delle scenografie.


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