Cronaca

Tonnellate di scarti smaltiti 'in allegria'

Arresti a Pescia, Lucca e Pisa per traffico illegale di enormi quantità di scarti di cartiere smaltiti senza trattamento. Fanghi riversati nei campi

Sono in tutto più di 80mila le tonnellate di rifiuti smaltiti in modo illecito con gravissimi rischi per l'ambente che il nucleo di polizia tributaria di Firenze della Guardia di Finanza ha scoperto in Toscana. L'organizzazione aveva tentacoli anche in Campania e Veneto. 

L'inchiesta ha fatto finire in manette sei imprenditori, cinque toscani e uno veneto, tutti ai domiciliari. Altri otto sono stati interdetti dall'attività di impresa, ma il numero degli indagati arriva a 31 persone. Quella che si è conclusa, ha spiegato il procuratore della Repubblica di Firenze Giuseppe Creazzo, è solo la prima fase delle indagini che ora vanno avanti. Le accuse sono di traffico illecito di rifiuti, truffa ai danni di ente pubblico e falsità ideologiche. 

I risultati a cui i finanzieri, grazie anche all'aiuto degli uomini del Corpo Forestale dello Stato di Firenze e all'Arpat, sono arrivati si rivelano inquietanti. Due i filoni dell'inchiesta. Il primo ha riguardato un'impresa di Pescia che si frapponeva tra due importanti cartiere di Lucca e diversi impianti di smaltimento in tutta Italia per arricchirsi fingendo di ripulire gli scarti industriali di lavorazione della carta, il cosiddetto pulper. In pratica l'azienda si arricchiva in modo illecito facendo figurare solo fittiziamente di aver ripulito gli scarti che invece non erano trattati correttamente. Il pulper, come hanno dimostrato i campioni analizzati, conteneva sostanze tossiche e spesso anche un grado di umidità eccessivo per poter essere smaltito nell'inceneritore. Per questo filone di inchiesta era stato profilato in un primo momento anche l'aggravante per mafia per il coinvolgimento di un'impresa di Caserta che gravita nell'orbita dei clan dei Casalesi e della cosca Belforte di Marcianise. 

Il secondo filone, invece, ha permesso di scoprire una società pisana che ha riversato su 800 ettari di campi tra Peccioli, Palaia e Montaione fanghi non trattati e quindi nocivi per le colture. L'azienda era diventata leader nel trattamento di prodotti reflui originati da diversi depuratori di fanghi industriali della Toscana. Il tutto grazie alla concorrenza sleale nei confronti delle altre imprese del settore visto che riversava nei terreni di una ventina di aziende agricole i fanghi che a tutto somigliavano tranne che a fertilizzanti. In cambio, i proprietari ricevevano un 'indennizzo'. 

Alla fine, l'inchiesta ha portato al sequestro di beni per 7 milioni di euro, pari al profitto derivante dal traffico di rifiuti. Le indagini hanno visto anche l'impiego di mezzi aerei per raccogliere dall'alto le prove del traffico di rifiuti.